Danni da vaccino: cosa dice la Corte di Giustizia dell’Unione Europea?

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Con la sentenza C-621/15 i Giudici Comunitari hanno stabilito che, in caso di insorgenza di una malattia a seguito di una somministrazione di vaccino, il nesso di causalità possa essere provato attraverso indizi gravi, precisi e concordanti. E ciò anche nel caso in cui la ricerca medica non stabilisca né escluda l’esistenza di tale relazione causale.

La vicenda giudiziaria, cui la sentenza ha messo la parola fine, ha avuto inizio in Francia, dove un uomo ha cominciato a manifestare i primi sintomi di sclerosi multipla qualche mese dopo aver eseguito un ciclo di inoculazioni mirate a immunizzarlo dall’epatite B. Le vaccinazioni sono state eseguite tra fine 1998 e metà 1999 mentre la patologia gli è stata diagnosticata solo nel novembre del 2000. Nel 2006 l’uomo ha chiamato in causa la casa farmaceutica produttrice del vaccino, al fine di ottenere il risarcimento del danno.

I Giudici Europei, per sentenziare la correlazione causale, fanno riferimento alle pregresse condizioni di salute dell’uomo risultate agli atti del giudizio come eccellenti, all’assenza di precedenti familiari, nonché al collegamento temporale tra l’esecuzione del vaccino e la comparsa della patologia. 

Secondo la Corte, dunque, indizi quali la prossimità temporale tra la somministrazione del vaccino e l’insorgenza di una malattia, l’assenza di antefatti medici personali e familiari, l’esistenza di un numero rilevante di casi repertoriati di insorgenza della sclerosi multipla a seguito di simili somministrazioni, sono sufficienti a formare una prova.

Pertanto, per i Giudici Europei non è indispensabile la certezza scientifica per provare che una patologia sia stata provocata da un vaccino, essendo sufficienti anche gli indizi precisi e concordanti emersi in sede di processo.

Qui il dispositivo della sentenza (clicca qui).